Fare esperienza

Autore: Jacopo Ferraccioli

Tempo di lettura: 5 minuti

Vuoi scoprire il segreto per imparare ad apprendere?

Eccolo.

Il segreto è che non esiste un segreto.

Esistono dei passi, degli step fondamentali che i grandi imprenditori, i grandi professionisti, coloro che ce l’hanno fatta seguono da sempre e che chiunque può mettere in pratica.

 “Imparare ad imparare” è un milione di volte più importante di “imparare”.

Ma, alla base di tutto, c’è il fare e l’abbandonare i vecchi preconcetti.

Lo so, “chi lascia la strada vecchia per quella nuova, sa quello che perde ma non sa quello che trova” però è anche vero che se non esplori, non scoprirai.

Partiamo dall’inizio.

Siamo stati abituati ad apprendere tramite nozioni: studia questo, poi studia questo e anche questo.

Non ci hanno insegnato a ragionare.

Ora, senza muovere alcuna critica contro la scuola, è un dato di fatto che il discorso pubblico sull’apprendimento si incentra sul concetto che “apprendere significa imparare delle nozioni” e per i formatori che la pensano così, la previsione è che a breve si troveranno fuori dai giochi.

Un po’ perché la memoria non è la cassaforte della conoscenza come erroneamente si tende a credere (ne parleremo poi) ma il concetto fondamentale è che:

la conoscenza non è innestata, ma acquisita.

La conoscenza nasce dalle sensazioni, dall’esperienza. Non nasce dal solo studio.

Ma perché allora impariamo a “memoria” senza aver prima capito il perché? Perché per imparare qualcosa partiamo direttamente dalla fine?

Perché, quindi, non provare a fare un’inversione di rotta, un salto sulla cattedra… perché non proviamo a partire dalla causa piuttosto che dall’esperienza?

Spieghiamo.

Per comprendere, interiorizzare qualcosa, si deve cercare sempre il significato sottinteso, qualcosa di invisibile, in poche parole: le regole che la governano e dalla quale scaturisce.

Volere è un verbo attivo e se vuoi interiorizzare qualcosa, devi anche voler conoscere e per fare questo devi sviscerare le regole ed andare alla ricerca del perché. Una volta trovato il perché, avrai trovato la causa, e quindi tu stesso, avrai fatto un’esperienza su quell’argomento.

Non è importante tanto la conoscenza dei contenuti specifici: sapere a memoria un testo non serve assolutamente a niente.

Ciò che conta e che fa la differenza è la capacità di ognuno di comprendere “il perché” e per farlo bene, ognuno di noi avrà bisogno di effettuare delle concatenazioni logiche: in pratica, di ragionare.

E ragionare equivale a fare esperienza.

Dobbiamo fare esperienza. Non abbiamo scelta.

Pensaci: ogni animale, spinto dall’istinto di sopravvivenza cosa fa? Esplora. Noi no.

Eppure, l’antropologia ci insegna che l’uomo fa parte del regno animale, eccome se ne fa parte; nonostante questo, non esploriamo.

Ma… perché gli animali su questa terra esplorano? Non di certo perché ne “hanno voglia”: sono spinti ad esplorare per aumentare le loro probabilità di sopravvivenza, e per questo sono alimentati dalla curiosità.

Esplorazione e curiosità, 2 concetti che abbiamo completamente dimenticato. Perché?

Perché siamo pigri.

Tant’è vero che ci siamo completamente circondati di tecniche su tutto: come possiamo studiare meglio, dimagrire più rapidamente, svegliarci presto la mattina, approcciare con il partner… il che non è per forza un male, ma conoscere le tecniche senza metterle in pratica è come non conoscerle affatto, con l’aggravante che sapendo che cosa dovresti fare e non mettendolo in pratica, alimenti anche un senso di frustrazione, di fallimento.

Tutto questo non fa che aggravare poi la radicazione interiore di convenzioni, di pregiudizi e come ovvia conseguenza: nessuno esplora più.

Studiare, è la stessa cosa. Conoscere le leggi di ohm senza averle comprese, senza averne fatto esperienza, è l’equivalente di conoscere a memoria “L’infinito” di Giacomo Leopardi senza sapere prima chi è Giacomo Leopardi…

…e il naufragar m’è dolce in questo mare.

Noi, studiando in questo modo, vivendo in questo modo, stiamo scoprendo la vita tramite le nozioni privandoci dell’esperienza.

Si chiama economia cognitiva.

È colpa nostra? Assolutamente no.

Abbiamo detto che siamo animali, e come tali noi ci adattiamo: è il mondo di oggi che idealizza chi sceglie una strada e la segue senza deviare e punisce chi è curioso; lo sappiamo, si premia la specializzazione.

Ed in modo egoistico è quasi comprensibile.

16 anni fa dovevo partire qualche mese per un progetto all’estero.

Ricordo che non vedevo l’ora di dirlo alla mia ex; immaginavo che sarebbe scoppiata di orgoglio e che sarebbe stata davvero felice per me, che mi avrebbe incoraggiato, sostenuto, aiutato, ammirato ed invece da quando l’ha saputo non ha fatto altro che dirmi di non andare.

Che sarebbe stata in pensiero per me.

Che non faceva per me.

Che potevo ancora scegliere di rimanere.

Che potevo scegliere di fare altro nella vita.

Perché?

Perché aveva paura.

Paura di perdermi? Ma no, non credo che le importasse così tanto.

Aveva paura che uscendo dalla mia comfort zone, uscendo dalla mia vita “confezionata”, facendo esperienza, sarei diventato migliore di lei.

Non fare pensieri critici: se ti fermi un attimo a riflettere, ti accorgerai che è capitato tutti noi. Magari in modo inconscio o in buona fede, però abbiamo cercato di ostacolare qualcuno in un progetto perché avevamo paura che diventasse migliore di noi.

Conosco molte persone che non fanno altro che uscire con la stessa gente da anni, frequentare gli stessi locali, guidare lo stesso tipo di macchine, indossare gli stessi tipi di vestiti, andare in vacanza negli stessi posti… da anni.

E attenzione, stanno da Dio, si sentono fortunati.

La verità è che restare nella nostra comfort zone ci protegge, non ci espone a rischi, ed è maledettamente vero.

Ma ci priva delle esperienze.

E quindi ci impedisce di crescere.

Il muscolo, per ingrandirsi, deve rompersi per poi ricostruirsi più forte, più grande.

E così vale per tutto.

L’abbiamo detto all’inizio: “In natura ogni esperienza è generata da una causa” e se noi non “attiviamo” la causa o non andiamo alla “ricerca” della causa non avremo esperienza.

Il mantra di mia moglie è che: “chi sei oggi non è nient’altro che il risultato di quello che hai fatto ieri, ma se ieri non hai fatto niente di nuovo, oggi, sei lo stesso di ieri. E se oggi non farai niente di nuovo domani sarai lo stesso di oggi.”

Hai capito il loop no?

Nel momento in cui noi decidiamo di smettere di cambiare e di metterci in gioco è il momento in cui smettiamo di crescere.

E la cosa meravigliosa è che quando decidiamo di cambiare, noi cambiamo veramente. Biologicamente il nostro cervello cambia e il nostro corpo, cambia.

Cambiare modo di studiare, modo di insegnare, modo di parlare, modo di “ragionare”, equivale a cambiare noi stessi.

Ed è difficile. Fa paura.

Ogni volta che decido di cambiare qualcosa, ho paura perché penso anche ai preconcetti.

Il nostro cervello ci induce a non cambiare e a rimanere nella nostra zona di comfort; però se motivato, se eccitato, se spinto dalla gratificazione giusta, allora ci fa diventare dei supereroi.

Il coraggio non è non avere paura.

Il coraggio è buttarsi, è iniziare.

Fare il primo passo.

La parola d’ordine è diventare proattivi.  “Fare” e non “trovare scuse per non fare”.

Per crescere, per apprendere, bisogna fare esperienza.

Ci sono due tipi di persone:

Chi trova le scuse per fare e chi trova le scuse per non fare… e tu, che persona sei?

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